I disturbi del comportamento alimentare: quali sono e come affrontarli

Paradossalmente al miglioramento delle condizioni di vita nei paesi occidentali, si assiste ad un sempre più crescente problema legato ai disturbi del comportamento. Con questa definizione si identificano problemi legati alla sfera mentale, che presentano però serie ripercussioni sull’aspetto fisico e sul benessere del corpo. I due più conosciuti disturbi del comportamento alimentare sono: l’anoressia e la bulimia, già presentatisi e diagnosticati dagli anni ’60. Nel corso dei decenni questi disturbi sono mutati, lasciando spazio ad altre sfumature comportamentali e anche l’età di insorgenza ha subito una variazione. Se il range di età in cui l’anoressia e la bulimia comparivano era in precedenza compreso tra i 15 e i 24 anni, attualmente la tendenza alla comparsa delle malattie ha ampliato gli orizzonti, abbassando la soglia minima anche a 12 anni e aumentando la portata massima anche dopo i 25 anni. Le malattie del comportamento alimentare erano primariamente problemi riscontrabili nelle donne, mentre gli uomini non sembravano coinvolti. Ciò che è stato osservato negli ultimi periodi è invece un aumento dei casi anche nel genere maschile.

A cosa si può attribuire un comportamento di rifiuto del cibo?

Fondamentalmente il rifiuto del cibo o il particolare rapporto che si instaura con esso deriva da problematiche della sfera mentale e psicologica: il soggetto si sente inadeguato alle circostanze della vita o non si sente soddisfatto del proprio aspetto fisico e ripercuote le sue frustrazioni sul cibo, che in alcuni casi funge da confort, in altri casi è inteso come nemico assoluto. La non accettazione di sé da parte del soggetto è spiccatamente marcata nel periodo adolescenziale, in cui abbiamo valutato la fase di inizio del disturbo; ma ciò che sembra evidente è che il contesto esterno e quindi prima la famiglia, poi la cerchia di amici siano l’incipit alla frustrazione interiore del soggetto in questione, poiché rimarcando ad esempio la presenza di un corpo abbondante si innesca un sentimento di inadeguatezza nella persona. In aggiunta a quanto detto, la pubblicità e in generale tutti i mezzi di comunicazione ci propinano immagini di individui con corpi sempre più “ideali” e dunque la magrezza diventa un vero e proprio idolo: compare in questi soggetti il desiderio di un fisico da modello e dunque l’obiettivo primo ed ultimo nella loro vita diventa l’aspetto fisico.

Si diventa schiavi di schemi mentali che imbrigliano la personalità di un individuo, producendo gravi ripercussioni psicologiche. La colpa di tutto non è però da attribuire ai mass media: essi non hanno una valenza eziopatogenica, bensì patoplastica, cioè presentano dei modelli ideali che vengono poi idolatrati da soggetti deboli, con un contesto sociale e una stabilità psicologica non solidi, facendo scaturire veri e propri disagi.

I due principali disturbi: anoressia e bulimia

L’anoressia nervosa è il disturbo che per primo è stato diagnosticato e consiste in un vero e proprio controllo assoluto del cibo. I soggetti affetti cercano di ridurre al minimo le entrate caloriche, per raggiungere come risultato finale un fisico perfetto. Molte volte però l’anoressia è anche conseguenza di alcune repressioni indotte o manifestazione di violenze fisiche o psicologiche subite. Generalmente si parla di anoressia quando l’indice di massa corporea (BMI) è inferiore a 17.5, ma sono stati diagnosticati casi di soggetti anoressici con indice di massa corporea anche di 13-14. Ovviamente tutto ciò ha delle conseguenze anche drastiche, se il problema non viene diagnosticato nell’immediato. Sembra infatti che se si riesce a riscontrare il problema nel primo anno di insorgenza, si può guarire perfettamente, se invece si tralascia, il recupero e la guarigione sono molto più difficili. Tra le conseguenze patologiche indotte dall’anoressia si considerano: l’ipokaliemia, l’amenorrea, la riduzione della massa ossea, l’anemia, l’aritmia, la mancanza di concentrazione, la deplezione di sali minerali, la riduzione della temperatura corporea e i bassi livelli di ormoni tiroidei.

L’altro importante disturbo che abbiamo citato è la bulimia: essa rappresenta in molti casi una degenerazione dell’anoressia, una perdita di controllo forzato, che si autoimpongono i soggetti anoressici, i quali non riuscendo in un controllo strenuo dell’assunzione di cibo, si lasciano trasportare dal desiderio di mangiare ed ingurgitano grandi quantità di cibo. Per sopperire poi alla perdita di controllo, questi soggetti cercano dei modi alternativi per eliminare quanto assunto, quindi fanno uso di diuretici e lassativi, si inducono il vomito e praticano anche molta attività sportiva.

Disturbi secondari… ma non per questo meno preoccupanti!!!

Attualmente, oltre a questi due grandi e complessi disturbi, sono stati osservati anche altri disturbi del comportamento alimentare, che vengono racchiusi all’interno della categoria dei NAS (disturbi alimentari non altrimenti specificati), poiché presentano delle caratteristiche differenti da quelle già citate, ma hanno in sostanza lo stesso fondamento. Inoltre sono stati riscontrati anche due nuovi comportamenti compulsivi legati al cibo e all’aspetto fisico, che sono stati classificati come: ortoressia e bigoressia. L’ortoressia è la tendenza quasi ossessiva a ricercare i cibi sani, mentre la bigoressia è l’ossessione del corpo perfettamente muscoloso.

Ma come intervenire?

Le iniziative che sono state studiate per le cure di questi disturbi hanno come presupposto principale la cooperazione di specialisti in ambito nutrizionale, che intervengono da un punto di vista nutritivo per attuare una vera e propria rieducazione alimentare e specialisti in ambito psicologico, che seguono i soggetti, evidenziando dei percorsi riabilitativi per la riscoperta del vero valore del cibo. Considerare il cibo come un nemico è il loro più grande errore, dunque questi soggetti vengono indirizzati a riscoprire i gusti alimentari e l’importanza di una corretta alimentazione, tramite terapie residenziali, con il “pasto assistito”. Il pasto assistito non è altro che un pasto che viene consumato dal soggetto, che presenta il disturbo, in presenza degli specialisti che lo seguono nel suo percorso di terapia cognitivo-comportamentale.

E’ importante comprendere il giusto approccio alla vita, essere forti nelle proprie scelte e non farsi condizionare dal contesto socio-culturale. Queste patologie, infatti, sono figlie dei tempi moderni, dello star bene, della presenza notevole di cibo e della carenza di valori, che rendono interiormente vuoto un individuo, facendolo vivere all’insegna dell’esteriorità.

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